La Legge n. 392-1978 Cosa Resta Oggi dell-Equo Canone

La Legge n. 392/1978: Cosa Resta Oggi dell’Equo Canone?

La Legge n. 392/1978, conosciuta anche come legge Equo Canone, introdusse un meccanismo convenzionale per determinare i valori locativi degli immobili urbani ad uso abitativo.

Inizialmente, il legislatore stabiliva l’importo massimo del corrispettivo che poteva essere richiesto dal locatore, fissato in non più del 3,85% del valore locativo.

Nella disciplina originaria, la durata minima era di quattro anni, ma l’attuale schema del 4+4 deriva dalla Legge n. 431 del 1998, che ha superato il sistema dell’equo canone.

Inoltre, il canone poteva essere maggiorato fino ad un massimo del 30% solo in caso di immobile già completamente arredato.

Oggi, la locazione a canone libero per uso abitativo ha una durata minima di quattro anni, rinnovabile di altri quattro (4+4), non di otto anni. In questo articolo, analizzeremo l’evoluzione della legge equo canone, le sue modifiche nel tempo e cosa rimane attualmente in vigore di questa storica normativa.

Il sistema dell’Equo Canone nella legge 392/1978

Nel 1978, il Parlamento italiano approvò la Legge n. 392 del 27 luglio, creando uno strumento normativo che avrebbe radicalmente modificato il mercato degli affitti nel nostro paese: il sistema dell’equo canone.

Il cuore del meccanismo dell’equo canone risiedeva nella formula matematica per il calcolo del corrispettivo. Il legislatore stabilì che l’importo massimo richiedibile dal locatore non potesse superare il 3,85% del valore locativo dell’immobile.

Tale valore veniva determinato attraverso parametri oggettivi come:

  • Superficie dell’appartamento
  • Ubicazione geografica
  • Anno di costruzione
  • Categoria catastale

In questo modo si tentava di oggettivizzare il canone, sottraendolo alle dinamiche speculative del libero mercato, mentre per gli immobili completamente arredati, era consentita una maggiorazione fino al 30% del canone base.

Un altro pilastro fondamentale della Legge 392/1978 riguardava la durata contrattuale.

Il legislatore impose una durata minima di quattro anni, con rinnovo automatico per ulteriori quattro anni alla scadenza. Il locatore poteva opporsi al rinnovo solo in specifici casi tassativamente previsti, come la necessità di destinare l’immobile a uso abitativo proprio, dei figli o dei genitori.

La disdetta doveva essere comunicata con preavviso di almeno sei mesi rispetto alla scadenza naturale del contratto. Questo meccanismo conferiva notevole stabilità al conduttore, proteggendolo da rescissioni arbitrarie e garantendogli una prospettiva abitativa di lungo periodo.

La filosofia sottostante alla Legge n. 392/1978 era chiaramente orientata alla tutela della parte considerata più debole nel rapporto locativo: l’inquilino.

Prime modifiche: patti in deroga e legge 359/1992

A inizio degli anni ’90, il rigido sistema dell’equo canone mostrò i suoi limiti, determinando un blocco significativo del mercato delle abitazioni.

Dopo quasi quindici anni dalla sua introduzione, infatti, il cambiamento arrivò con il Decreto Legge n. 333 dell’11 luglio 1992, convertito nella Legge n. 359 dell’8 agosto 1992.

Questa normativa, all’articolo 11, stabilì che:

“le disposizioni di cui agli articoli 12 e seguenti della legge 27 luglio 1978, n. 392, concernenti l’equo canone degli immobili adibiti ad uso di abitazione, non si applicano ai contratti di locazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, aventi ad oggetto immobili per i quali non sia stata presentata la dichiarazione di ultimazione dei lavori”.

In sostanza, per gli immobili di nuova costruzione venne introdotta la possibilità di determinare liberamente il canone di locazione, segnando così il primo significativo passo verso la liberalizzazione del mercato.

Il secondo comma dello stesso articolo 11 introdusse la possibilità di stipulare i cosiddetti “patti in deroga“.

In pratica, il proprietario poteva liberamente determinare il canone solo se accettava di prolungare la durata minima del contratto a otto anni anziché quattro, salvo specifiche eccezioni.

La svolta del 1998: legge 431 e abrogazione parziale

Con l’emanazione della legge n. 431 del 9 dicembre 1998, il legislatore italiano ha definitivamente superato il regime vincolistico dell’equo canone.

Il contratto a canone libero, comunemente chiamato “4+4“, consente alle parti di stabilire liberamente l’importo del canone. Questa tipologia contrattuale prevede una durata minima di quattro anni con rinnovo automatico per altri quattro, salvo i casi in cui il locatore intenda rientrare in possesso dell’immobile per motivi specifici.

Il proprietario può dare disdetta alla prima scadenza quadriennale con preavviso di almeno sei mesi, mentre alla seconda scadenza (dopo otto anni), il locatore può recedere senza specificare alcun motivo.

Introdotto come alternativa al contratto 4+4, il contratto a canone concordato (o “3+2”) ha durata triennale con rinnovo automatico biennale. In questo caso, il canone non è liberamente determinabile ma deve rispettare i valori stabiliti negli accordi territoriali tra organizzazioni dei proprietari e degli inquilini.

Questo tipo di contratto risulta particolarmente adatto quando proprietario e inquilino cercano un accordo di durata medio-lunga, meno vincolante del 4+4 ma comunque tutelante per entrambe le parti.

I contratti a canone concordato offrono significative agevolazioni fiscali:

  • Per il locatore che opta per la cedolare secca, l’aliquota è del 10% anziché del 21% previsto per i contratti
  • In caso di tassazione ordinaria, il reddito imponibile è ulteriormente ridotto del 30%.
  • Inoltre, è prevista una riduzione del 25% dell’IMU

Applicazioni residue e modifiche recenti

Sebbene ampiamente modificata per le locazioni abitative, la legge n. 392/1978 conserva ancora piena efficacia per gli immobili destinati ad attività economiche e professionali:

  • L’articolo 27 della legge equo canone continua a regolamentare le locazioni di immobili destinati ad attività industriali, commerciali, artigianali, professionali e turistiche
  • La durata minima per le locazioni commerciali non può essere inferiore a sei anni, con rinnovo tacito per un uguale periodo
  • Questo termine si estende a nove anni per gli immobili adibiti ad attività alberghiere o teatrali

Un’importante modifica è stata introdotta con l’art. 18 del decreto “Sblocca Italia” (legge 164/2014), che ha aggiunto il comma 3 all’art. 79 della legge n. 392/1978. Per le cosiddette “grandi locazioni” commerciali, con canone annuo superiore a 250.000 euro, le parti possono liberamente derogare alle disposizioni imperative della legge.

Questo consente di pattuire durate inferiori, rinunciare al rinnovo automatico e concordare liberamente l’adeguamento del canone.

Legge n. 392/1978

La Legge n. 392/1978 ha attraversato un’evoluzione radicale, mantenendo però la sua rilevanza per le locazioni commerciali.

  • L’equo canone originario (1978) fissava il canone massimo al 3,85% del valore locativo con durata minima di 4 anni e rinnovo automatico
  • La legge 431/1998 ha introdotto il sistema duale: contratti liberi 4+4 senza vincoli di canone e contratti concordati 3+2 con agevolazioni fiscali
  • Per le locazioni commerciali resta valido l’art. 27: durata minima 6 anni (9 per alberghi), canone libero ma con limiti ISTAT al 75%
  • Le “grandi locazioni” commerciali oltre 250.000€ annui possono derogare completamente alle regole dal 2014
  • I contratti a canone concordato offrono cedolare secca al 10% e riduzione IMU del 25%

Oggi la normativa rappresenta un equilibrio tra tutela dell’inquilino e dinamismo del mercato.

  1. Cos’è la legge dell’equo canone e quando è stata introdotta? La legge dell’equo canone (Legge n. 392/1978) è stata introdotta nel 1978 per regolamentare il mercato degli affitti in Italia.
  2. La legge 392/78 è ancora in vigore oggi? Parte della legge 392/78 è ancora in vigore, ma principalmente per le locazioni ad uso commerciale.
  3. Quali sono le principali differenze tra i contratti di locazione attuali e quelli dell’equo canone? Oggi esistono contratti a 4+4 e 3+2 con canoni stabiliti da accordi. L’equo canone, invece, prevedeva un canone calcolato sul valore dell’immobile e una durata minima di 4 anni con rinnovo automatico.
  4. Quali vantaggi fiscali offrono i contratti a canone concordato? Per il locatore che sceglie la cedolare secca, l’aliquota è del 10% invece del 21%. Inoltre, è prevista una riduzione del 25% dell’IMU e, in caso di tassazione ordinaria, il reddito imponibile è ulteriormente ridotto del 30%.
  5. Come si applica la legge dell’equo canone alle locazioni commerciali? Prevede una durata minima di 6 anni (9 per attività alberghiere), con rinnovo automatico. Per le “grandi locazioni” con canone annuo superiore a 250.000 euro, dal 2014 è possibile derogare a queste disposizioni.

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