Ascensore bloccato per rinvenimenti archeologici durante gli scavi: chi paga e cosa succede ora?
Nel nostro condominio, situato in un centro storico che ricade in zona sottoposta a vincolo archeologico diretto, abbiamo avviato i lavori per installare un ascensore esterno nel cortile interno per rendere accessibili i piani alti. Tutti i permessi comunali e paesaggistici erano stati ottenuti, compresa l’autorizzazione preventiva della Soprintendenza, che però imponeva la presenza di un archeologo in fase di scavo.
Durante i lavori per la realizzazione del vano ascensore e delle fondazioni, è stato individuato un muro antico in tufo e alcuni frammenti ceramici, cosa che ha portato al blocco immediato del cantiere da parte della Soprintendenza e all’apertura di un procedimento di valutazione archeologica.
La ditta appaltatrice si è fermata, e ci ha già notificato una richiesta di sospensione dei termini contrattuali, mentre i costi stanno salendo: tra sopralluoghi, relazioni tecniche e messa in sicurezza, abbiamo già speso quasi 9.000 euro senza aver nemmeno posato le prime fondamenta.
Ora la situazione è ferma e nessuno sa dirci come proseguire.
Ci chiediamo quindi se, in questi casi, i costi straordinari legati alla scoperta archeologica ricadano sul condominio, o se esistano forme di copertura da parte del Comune, della Soprintendenza o della Regione. È possibile ottenere un rimborso per i danni economici subiti, o almeno sospendere il pagamento alla ditta fino a conclusione della procedura?
Inoltre, c’è il timore che l’ascensore non venga mai autorizzato a causa della presenza del muro antico.
- Se il progetto era stato approvato, può davvero essere revocato a lavori iniziati, solo per un vincolo che emerge dopo?
- Qualcuno ha già avuto esperienze simili con ascensori bloccati da scavi archeologici o vincoli culturali inattesi?
- Qual è l’iter realistico per sbloccare la situazione?
- Chi risponde dei costi se l’opera non potrà più essere completata?
Spiegazione del caso
Quella che descrivi è una situazione complessa ma purtroppo non così rara nei centri storici italiani, dove vincoli archeologici e opere di abbattimento delle barriere architettoniche si trovano spesso in conflitto.
In casi come il tuo, la normativa è chiara nel tutelare in via prioritaria il bene archeologico rinvenuto, ma non lascia completamente senza tutele i soggetti privati che subiscono danni o sospensioni a causa di ritrovamenti inattesi.
Quando, durante lavori regolarmente autorizzati, emergono reperti o strutture di interesse archeologico, scatta l’applicazione automatica degli articoli 90 e seguenti del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Tali norme impongono al direttore dei lavori o all’impresa l’obbligo di interrompere immediatamente l’attività e segnalare il rinvenimento alla Soprintendenza, che a sua volta può disporre la sospensione del cantiere per il tempo necessario alla verifica scientifica.
Cosa dice la legge
La sospensione è vincolante anche se i lavori erano stati autorizzati in precedenza poiché la scoperta di un bene archeologico modifica lo scenario giuridico.
Purtroppo, da un punto di vista economico, i costi diretti e indiretti della sospensione restano a carico del condominio.
Tuttavia, è importante distinguere tra costi dovuti all’interruzione necessaria e costi eccezionali imputabili alla pubblica amministrazione. In quest’ultimo caso, è possibile richiedere un rimborso parziale o un contributo ai sensi dell’art. 91 del Codice dei beni culturali, che prevede che lo Stato o l’ente territoriale possano concorrere “in tutto o in parte” alle spese sostenute dai privati in seguito a rinvenimenti fortuiti.
Il contributo va espressamente richiesto alla Soprintendenza competente, allegando la documentazione delle spese e il verbale di sospensione.
Per quanto riguarda la ditta appaltatrice, ha fatto correttamente a chiedere la sospensione dei termini contrattuali. Il condominio, dal canto suo, può sospendere i pagamenti per le prestazioni non ancora eseguite.
Tuttavia, non può rifiutarsi di corrispondere le spese documentate per i lavori effettivamente realizzati o per la messa in sicurezza del cantiere, che restano obbligatorie per legge.
Sulla possibilità che la Soprintendenza revochi l’autorizzazione originaria, purtroppo è possibile.
L’autorizzazione paesaggistica o edilizia rilasciata in fase preventiva non copre i rinvenimenti imprevisti.
In tali casi, la Soprintendenza deve però motivare la decisione e può proporre soluzioni alternative.
Come agire
Il percorso realistico per sbloccare la situazione è questo:
- Attendere che la Soprintendenza completi la relazione di verifica archeologica, che di norma richiede da 30 a 90 giorni
- Collaborare con l’archeologo incaricato, che può proporre una variante di progetto compatibile con la tutela del muro rinvenuto.
- Richiedere formalmente la ripresa dei lavori con prescrizioni, allegando una perizia tecnica che dimostri l’assenza di rischio per i reperti.
- Solo se la Soprintendenza confermerà il divieto assoluto di prosecuzione, valutare un ricorso amministrativo
Una modifica progettuale localizzata è la soluzione preferita in questi casi.
Non esiste un fondo comunale o regionale automatico per il rimborso dei lavori sospesi.
Puoi comunque verificare presso la tua Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di riferimento se è possibile accedere a un rimborso ex art. 92 o, in alternativa, a un cofinanziamento regionale per interventi in aree vincolate (alcune regioni, come Lazio e Toscana, prevedono bandi specifici).
Cosa ricordare
- Il blocco è legittimo, ma non definitivo
- A seguito di perizie, nella maggior parte dei casi la Soprintendenza consente di proseguire i lavori con prescrizioni
- I costi immediati restano al condominio, ma potete chiedere una sospensione dei pagamenti contrattuali e un contributo per le spese straordinarie
