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Legge 67/2006: tutela antidiscriminazione verso i disabili

Legge 67-2006 tutela antidiscriminazione verso i disabili
Legge 67/2006 tutela antidiscriminazione verso i disabili

La tutela dei diritti fondamentali delle persone con disabilità ha compiuto un passo decisivo con la legge 67/2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 54 il 6 marzo 2006. Questa normativa rappresenta infatti una pietra miliare nella lotta contro le discriminazioni in Italia.

La legge si pone l’obiettivo di garantire la piena attuazione del principio di parità di trattamento e di pari opportunità per le persone con disabilità. In particolare, assicura il godimento completo dei diritti civili, politici, economici e sociali. Inoltre, la normativa riconosce diverse forme di discriminazione, sia diretta quando una persona con disabilità riceve un trattamento meno favorevole rispetto agli altri, sia indiretta quando disposizioni apparentemente neutre creano uno svantaggio.

La protezione offerta dalla legge 67/2006 si estende sia ai cittadini italiani che agli stranieri residenti in Italia, prevedendo specifiche procedure giudiziarie e la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni subiti. Il giudice può ordinare la cessazione del comportamento discriminatorio e adottare misure concrete per rimuoverne gli effetti.

Legge 67/2006: Principi Fondamentali e Ambito di Applicazione

La legge 67 del 2006 rappresenta uno strumento giuridico fondamentale per contrastare la discriminazione delle persone con disabilità in Italia. Promulgata il 1° marzo 2006 ed entrata in vigore il 21 marzo dello stesso anno, questa normativa ha segnato un cambiamento significativo nell’approccio legislativo verso la tutela dei diritti delle persone con disabilità.

Contesto storico e obiettivi della legge 67 del 2006

Il titolo completo della normativa, “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, chiarisce immediatamente la sua finalità principale. La legge 67/2006 si colloca in un contesto di progressivo riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità a livello nazionale e internazionale.

L’articolo 1 della legge stabilisce che, ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione, la normativa “promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità”. L’obiettivo primario è quindi garantire a queste persone “il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali”.

Prima dell’entrata in vigore di questa legge, le persone con disabilità non disponevano di uno strumento giuridico specifico per contrastare le discriminazioni subite nella vita quotidiana, come l’impossibilità di accedere a edifici pubblici a causa della presenza di barriere architettoniche o l’esclusione da determinati servizi.

Definizione di persona con disabilità secondo l’art. 3 legge 104/92

La legge 67/2006 fa esplicito riferimento all’articolo 3 della legge 104/1992 per identificare i soggetti protetti. Secondo questa definizione, è considerata persona con disabilità “chi presenta durature compromissioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri”.

Recentemente, questa definizione è stata modificata, eliminando i termini “handicappato” e “portatore di handicap” in favore di “persona con disabilità”, in linea con l’evoluzione culturale e sociale nell’approccio alla disabilità.

La normativa distingue inoltre tra persone che necessitano di sostegno (di livello lieve o medio) e quelle che richiedono un sostegno intensivo (di livello elevato o molto elevato), quest’ultimo necessario quando la compromissione ha ridotto significativamente l’autonomia personale.

Rapporto con il decreto legislativo 216/2003 sull’ambito lavorativo

Un aspetto fondamentale della legge 67/2006 è il suo ambito di applicazione. L’articolo 1, comma 2, specifica che “restano salve, nei casi di discriminazioni in pregiudizio delle persone con disabilità relative all’accesso al lavoro e sul lavoro, le disposizioni del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216”.

Ciò significa che per le discriminazioni in ambito lavorativo si applica il decreto legislativo 216/2003, che attua la direttiva europea 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Tuttavia, per tutte le altre forme di discriminazione, come quelle relative all’accesso agli edifici pubblici o privati, inclusi condomini dove potrebbero essere necessari ascensori, montascale o servoscale per l’eliminazione delle barriere architettoniche, si applica la legge 67/2006.

Pertanto, le due normative sono complementari e coprono insieme l’intera gamma di possibili discriminazioni che una persona con disabilità potrebbe subire nella società italiana.

Forme di Discriminazione Riconosciute dalla Legge 67/2006

L’articolo 2 della legge 67/2006 definisce con precisione le diverse tipologie di discriminazione verso le persone con disabilità. Il principio di parità di trattamento stabilisce che nessuna discriminazione può essere praticata a loro pregiudizio.

Discriminazione diretta: definizione ed esempi concreti

La discriminazione diretta si verifica quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona riceve un trattamento meno favorevole rispetto a quanto riceverebbe una persona senza disabilità in situazione analoga. Un esempio concreto è il caso di uno studente con disabilità a cui vengono ridotte le ore di sostegno senza una corrispondente riduzione dell’attività didattica per gli studenti normodotati, come riconosciuto dal Tribunale di Cosenza con l’ordinanza del 16 gennaio 2012.

Discriminazione indiretta: il caso delle barriere architettoniche

Secondo l’articolo 2 comma 3, si ha discriminazione indiretta quando disposizioni, criteri, prassi, atti, patti o comportamenti apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in posizione di svantaggio. La Corte di Cassazione ha stabilito che le barriere architettoniche rientrano indubbiamente nella discriminazione indiretta. Infatti, la mancata installazione di un ascensore in condominio o di altre soluzioni come montascale o servoscale costituisce discriminazione, poiché limita l’autonomia e la libertà di movimento.

Molestie come forma di discriminazione

L’articolo 2 comma 4 riconosce come discriminazione anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati connessi alla disabilità che violano la dignità e la libertà della persona, creando un clima di intimidazione, umiliazione od ostilità. Questi comportamenti sono perseguibili indipendentemente dall’intenzione di discriminare.

Discriminazione per associazione: tutela dei familiari

Oltre alle tre forme esplicitamente indicate dalla legge, la giurisprudenza europea e italiana ha riconosciuto la “discriminazione per associazione”. Questa si verifica quando una persona subisce un trattamento sfavorevole perché associata a un individuo con disabilità. È il caso tipico del familiare che viene discriminato nel lavoro o nella vita sociale a causa del proprio legame di parentela con una persona disabile.

Per tutte queste forme di discriminazione, la legge prevede specifici strumenti di tutela giudiziaria, consentendo alla vittima di ottenere la cessazione del comportamento discriminatorio e il risarcimento dei danni subiti.

Procedura di Ricorso ex Art. 3 Legge 67/2006

L’articolo 3 della legge 67/2006 stabilisce la procedura di ricorso giudiziario contro gli atti discriminatori verso le persone con disabilità. Questo strumento processuale è stato successivamente modificato dal D.lgs. 150/2011, che ha introdotto un rito semplificato per tutte le cause antidiscriminatorie.

Competenza territoriale e modalità di presentazione del ricorso

Innanzitutto, il Tribunale competente è quello del luogo in cui il ricorrente ha il proprio domicilio. Questa competenza è inderogabile, anche per ragioni di connessione, come previsto dall’art. 28 c.p.c. Il ricorso può essere presentato personalmente dall’interessato, senza necessità di assistenza legale, oppure tramite associazioni ed enti riconosciuti dal Ministero delle Pari Opportunità, di concerto con il Ministero del Lavoro. In quest’ultimo caso, è necessaria una delega rilasciata con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Onere della prova e presunzioni

Una caratteristica fondamentale del procedimento è l’alleggerimento dell’onere probatorio a favore del ricorrente. Infatti, la persona che ritiene di aver subito discriminazione deve fornire elementi di fatto dai quali si possa presumere l’esistenza di atti discriminatori, anche se privi delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza. In seguito, spetta al convenuto dimostrare l’insussistenza della discriminazione.

Provvedimenti del giudice e piano di rimozione delle discriminazioni

In caso di accoglimento del ricorso, il giudice può:

  • ordinare la cessazione del comportamento discriminatorio
  • adottare provvedimenti idonei a rimuovere gli effetti della discriminazione
  • imporre un piano di rimozione delle discriminazioni accertate entro un termine stabilito
  • disporre la pubblicazione del provvedimento su un quotidiano nazionale o locale

Questi provvedimenti possono essere ordinati anche nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale

Oltre a ordinare la cessazione della discriminazione, il giudice può condannare il convenuto al risarcimento del danno, sia patrimoniale che non patrimoniale. Quest’ultimo non si limita al danno morale soggettivo, ma comprende ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona, come affermato dalla Cassazione civile, Sez. III, sentenza n.8828/2003. Pertanto, si considera risarcibile qualsiasi lesione di un diritto fondamentale della persona con disabilità, come nel caso della mancata installazione di un ascensore o di un montascale per superare le barriere architettoniche.

Barriere Architettoniche come Discriminazione Indiretta

La presenza di barriere architettoniche costituisce una forma di discriminazione indiretta secondo la legge 67/2006, come confermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 3691 del 13 febbraio 2020. In questa decisione, i giudici hanno stabilito che la mancata rimozione degli ostacoli fisici rappresenta una violazione dei diritti delle persone con disabilità.

Ascensori in condominio: obblighi e diritti

L’installazione di un ascensore in condominio rappresenta un diritto fondamentale per le persone con disabilità. Secondo l’articolo 2 della legge 13/1989, tale installazione può essere approvata con la maggioranza dei presenti in assemblea che rappresentino almeno la metà dei millesimi dell’edificio. Qualora l’assemblea si esprima contrariamente, dopo tre mesi dalla richiesta formale, la persona con disabilità può procedere all’installazione a proprie spese. Inoltre, i condomini contrari sono esonerati dalla spesa ma non possono utilizzare l’impianto finché non contribuiscano ai costi.

Montascale e servoscale: soluzioni alternative

Quando l’installazione di un ascensore risulta tecnicamente impossibile, montascale e servoscale rappresentano alternative valide. Il servoscale è formato da una pedana per chi utilizza la carrozzina, mentre il montascale presenta una poltroncina. Entrambi vengono installati su una guida che scorre parallelamente alle scale, richiedendo interventi edilizi minimi. Questi dispositivi sono tutelati dalla legge 67/2006 poiché la loro mancata installazione, in assenza di altre soluzioni, configura una discriminazione indiretta.

Eliminazione barriere architettoniche negli spazi pubblici

Negli edifici pubblici, la normativa è ancora più rigorosa. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’insufficienza di fondi non costituisce una giustificazione valida per la mancata eliminazione delle barriere. Infatti, il diritto all’accessibilità rende la normativa sul superamento delle barriere “immediatamente precettiva”. Pertanto, le amministrazioni che non adottano i Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA) stanno tenendo una condotta discriminatoria in senso tecnico e giuridico.

Giurisprudenza in materia di accessibilità

La giurisprudenza ha progressivamente rafforzato il legame tra barriere architettoniche e discriminazione. La sentenza della Cassazione n. 18762/16 ha stabilito che “l’ampia definizione legislativa di barriere architettoniche rende la normativa sull’eliminazione immediatamente precettiva”. Inoltre, la mancata accessibilità viola non solo la legge 67/2006 ma anche principi costituzionali come la dignità della persona e il diritto fondamentale alla salute, inteso quale completo benessere fisico, psichico e sociale.

Conclusione

La legge 67/2006 rappresenta una pietra miliare nella tutela dei diritti delle persone con disabilità in Italia. Infatti, questa normativa offre una protezione completa contro diverse forme di discriminazione, sia diretta che indiretta, includendo anche le molestie e la discriminazione per associazione.

Pertanto, la legge non si limita a definire le discriminazioni, ma fornisce strumenti concreti per contrastarle. Le procedure giudiziarie semplificate, l’inversione dell’onere della prova e la possibilità di ottenere risarcimenti rappresentano meccanismi efficaci per garantire i diritti fondamentali delle persone con disabilità.

La giurisprudenza ha confermato che le barriere architettoniche costituiscono una forma di discriminazione indiretta. Quindi, l’installazione di ascensori, montascale o servoscale non rappresenta solo un adeguamento strutturale, ma un diritto fondamentale tutelato dalla legge.

La normativa stabilisce chiaramente che l’accessibilità degli spazi, sia pubblici che privati, non è negoziabile. L’eliminazione delle barriere architettoniche diventa così non solo un obbligo legale, ma un dovere sociale per garantire la piena partecipazione delle persone con disabilità alla vita comunitaria.

FAQs

Q1. Quali sono gli obiettivi principali della legge 67/2006? La legge 67/2006 mira a promuovere la parità di trattamento e le pari opportunità per le persone con disabilità, garantendo il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.

Q2. Come viene definita la discriminazione diretta secondo questa legge? La discriminazione diretta si verifica quando una persona con disabilità riceve un trattamento meno favorevole rispetto a una persona senza disabilità in una situazione analoga, a causa della sua condizione.

Q3. Le barriere architettoniche possono essere considerate una forma di discriminazione? Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che le barriere architettoniche costituiscono una forma di discriminazione indiretta, in quanto limitano l’autonomia e la libertà di movimento delle persone con disabilità.

Q4. Quali provvedimenti può adottare il giudice in caso di discriminazione accertata? Il giudice può ordinare la cessazione del comportamento discriminatorio, adottare misure per rimuoverne gli effetti, imporre un piano di rimozione delle discriminazioni e disporre la pubblicazione del provvedimento su un quotidiano.

Q5. Come viene tutelato il diritto all’installazione di un ascensore in condominio per le persone con disabilità? La legge prevede che l’installazione di un ascensore possa essere approvata con la maggioranza dei presenti in assemblea che rappresentino almeno la metà dei millesimi. In caso di rifiuto, dopo tre mesi la persona con disabilità può procedere all’installazione a proprie spese.

Legge 67/2006: tutela antidiscriminazione verso i disabili

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