La questione va valutata caso per caso, tenendo conto della configurazione dell’edificio, della possibilità di utilizzo dell’impianto e soprattutto delle indicazioni contenute nel regolamento condominiale e nelle tabelle millesimali approvate.
La giurisprudenza ha chiarito più volte che l’utilizzo potenziale dell’ascensore prevale sull’uso concreto, per cui anche i proprietari del piano terra possono essere tenuti a contribuire alle spese, soprattutto se l’ascensore serve altri locali comuni accessibili anche a loro, come solai, cantine o box auto nei piani seminterrati o superiori.
L’unica eccezione ammissibile è legata alla presenza di un regolamento condominiale contrattuale, approvato all’unanimità e allegato agli atti notarili di compravendita, che escluda esplicitamente tali unità immobiliari dalla ripartizione delle spese ascensore. In assenza di tale previsione, i condomini del piano terra con accesso autonomo sono tenuti comunque a contribuire, se possono anche solo teoricamente trarre vantaggio dall’impianto elevatore.
Inoltre, è importante considerare che la Corte di Cassazione ha ribadito in più occasioni che non conta tanto la presenza o meno di un ingresso autonomo, ma la possibilità astratta di accedere all’ascensore e di usufruirne. Quindi, anche se il proprietario non utilizza l’ascensore, ma ha la possibilità di accedervi da spazi comuni, è tenuto alla partecipazione delle spese di manutenzione, esercitata in proporzione ai millesimi di proprietà e all’altezza del piano.